D’altra parte, questo termine deriva dal latino “imago”: imitare, concetto che mal si presta all’immagine fotografica, la quale scavalca l’operazione di imitazione, per instaurare con il reale un legame privilegiato. Allontanandosi sempre più dall’immagine-imago, la ricerca visiva contemporanea penetra nella costruzione di immagini che, invece di imitare il reale, immaginano altre, infinite realtà (mentali, di sogno, di finzione, dell’assurdo, dell’eccesso, del minimale…). Del resto, il legame tra l’immagine e il reale e’ complesso ed ambiguo: benché le immagini-imago riposino su confortevoli visioni di continuità (il campo visivo e’ unitario e non presenta sconnessioni spaziali) e di linearità (l’immagine e’ concepita come la registrazione di un istante, nella logica temporale di un prima e di un dopo), tale rappresentazione della realtà rimane fittizia: una finzione narrativa prodotta dall’io pensante nello spazio del visivo, che non tiene conto della simultaneità dello scorrere del tempo, né della complessità del funzionamento delle immagini nella sfera cognitiva e di percezione.